Tumori del fegato e metastasi epatiche
Presso la Salvator Mundi International Hospital di Roma della UPMC (University of Pittsburgh Medical Center), il dottor Roberto Verzaro opera i pazienti affetti da tumore del fegato con tecnica mini-invasiva (laparoscopica o robotica). I tumori del fegato vengono anche trattati con metodiche locoregionali come la termoablazione con radiofrequenza o microonde.
La cura dei tumori addominali e delle metastasi epatiche è una delle priorità del “Cancer center” e del gruppo oncologico all’interno della Salvator Mundi International Hospital.
Tumori benigni e maligni del fegato
I tumori del fegato si dividono in due grosse categorie:
- Tumori benigni (angiomi e adenomi epatici)
- Tumori maligni
- tumori primitivi del fegato (epatocarcinoma)
- tumori secondari o metastatici del fegato (metastasi epatiche)
Angiomi epatici
Gli angiomi epatici (detti anche emangiomi) sono i tumori benigni più comuni con una prevalenza nella popolazione che va dal 3 al 20%. Per cui se vi è stato diagnosticato un angioma al fegato, niente paura: si tratta di un tumore benigno e siete …. in buona compagnia. La maggior parte di questi tumori sono diagnosticati in donne di mezza età e il rapporto donne: uomini è di circa 6:1. Alcuni di questi tumori esprimono, sulla superficie delle loro cellule, il recettore per gli estrogeni ed una loro crescita accelerata può manifestarsi durante stai funzionali ad “alto contenuto di estrogeni” come per esempio, la gravidanza. Sono tumori sferici e nel loro interno contengono vasi sanguigni ingranditi.
Sintomi
Molti emangiomi sono asintomatici e hanno dimensioni ridotte (meno di 5 cm in diametro). Essendo spesso asintomatici, vengono diagnosticati in corso di esami (ecografia, TAC addome) eseguiti per motivi diversi. Possono dare sintomi, come gonfiore o “senso di pienezza”, quando raggiungono dimensioni considerevoli o quando comprimono organi vicini come per esempio, lo stomaco.
Terapia e follow up
Molti degli angiomi epatici vengono osservati nel tempo e non necessitano di alcuna terapia. Le indicazioni all’asportazione chirurgica sono: la presenza di sintomi fastidiosi per il paziente o angiomi di grandi dimensioni che causano ingombro. Contrariamente a quanto si possa pensare raramente vanno incontro a rottura spontanea o a trasformazione maligna.
Adenoma epatico
L’adenoma epatico è il secondo tumore benigno più frequente e di non rara osservazione. L’adenoma epatico è rappresentato da una proliferazione delle cellule epatiche, gli epatociti.
È frequente nelle giovani donne con un rapporto donne: uomini di circa 10:1. Vi è una forte associazione tra i farmaci a contenuto di estrogeni e progesterone e lo sviluppo di adenoma. I nuovi preparati contraccettivi però hanno una ridotta dose di estrogeni e l’associazione tra adenoma e pillola anticoncezionale è stata recentemente rivalutata.
Complicanze e rischio di rottura dell’adenoma
L’importanza clinica dell’adenoma epatico è che può andare incontro a rottura spontanea, con conseguente emorragia addominale. Per gli adenomi che superano i 5 cm di diametro la possibilità di rottura è praticamente del 100 %, mentre per gli adenomi di dimensioni inferiori la possibilità di rottura spontanea e di emorragia intraperitoneale varia da 25 al 35%.
Un’altra caratteristica clinica importante dell’adenoma epatico è la sua possibilità di andare incontro a trasformazione maligna.
Terapia
Data la possibilità di trasformazione maligna e la potenziale rottura spontanea con conseguente emorragia, l’asportazione chirurgica è indicata per:
- adenomi con dimensioni superiori ai 5 cm
- Adenomi che non si riducono di dimensioni dopo sospensione della pillola contraccettiva
- Pazienti che non possono sospendere la pillola contraccettiva con adenomi di dimensioni superiori ai 5 cm.
L’asportazione dell’adenoma si può eseguire con tecnica laparoscopica o robotica, riducendo al minimo la degenza ospedaliera e il dolore nel post operatorio. La tecnica laparoscopica consente inoltre una rapida ripresa delle attività fisiche e lavorative.
Tumori primitivi del fegato
I tumori primitivi maligni del fegato sono essenzialmente rappresentati dal cosiddetto epatocarcinoma, identificato anche con la sigla HCC dall’inglese Hepato-Cellular Carcinoma.
Questo tumore riconosce come quasi unico fattore di rischio la presenza di cirrosi epatica sia essa correlata alle infezioni da virus B o C, all’alcolismo o alla forma emergente e sempre più preponderante di NASH, la steatoepatite non alcolica.
La terapia del tumore primitivo del fegato HCC, riconosce fondamentalmente tre tipi di trattamento le cui indicazioni variano a seconda delle dimensioni del tumore, dell’età del paziente e di altri fattori più squisitamente tecnici.
Le terapie sono:
- Termoablazione con radiofrequenza o microonde
- Resezione epatica
- Trapianto di fegato.
Il colangiocarcinoma è un tumore primitivo delle vie biliari e spesso di localizza all’interno del parenchima epatico.
Possiamo distinguere diverse forme di colangiocarcinoma in base alla localizzazione del tumore rispetto alle vie biliari.
La terapia di questo tumore è chirurgia ed è sempre associata alla chemioterapia per garantire una migliore sopravvivenza del paziente.
Le metastasi epatiche
La presenza di lesioni secondarie al fegato, metastasi, è indicativa di una progressione della malattia tumorale. Il cancro, dalla sua sede originale, è giunto a colonizzare il parenchima epatico. Tale condizione molto spesso, è una controindicazione ad un intervento chirurgico, sia nella sua sede originale, sia nella sede di metastasi (fegato). In alcuni casi selezionati però, come ad esempio nel caso di tumori del colon – retto, la presenza di metastasi al fegato, impone un intervento chirurgico di resezione delle stesse, mediante semplice metastatectomia (rimozione della sola metastasi) o mediante epatectomia (resezione di segmenti epatici).
La terapia delle metastasi epatiche
Gli interventi per asportazione di una o più metastasi si eseguono ormai, ove indicato,con la laparoscopia. Il fegato è diviso in segmenti (vedi foto) e la possibilità di rimuovere un solo segmento o solo alcuni (contenenti il tumore), lasciando intatti gli altri (“segmentectomie”) fa si che si possano eseguire resezioni epatiche limitate e risparmiare fegato sano. Il vantaggio della tecnica laparoscopica è quello poi di una rapida ripresa funzionale, un rapido ritorno alle normali attività e il ridotto dolore nel post operatorio. Utilizzando la chirurgia guidata dalle immagini a fluorescenza si riesce ad essere ancora più precisi nella resezione delle metastasi epatiche per tumore. Iniettando la sostanza fluorescente 24 ore prima, si è visto che le cellule epatiche normali, situate vicino al tumore, captano la sostanza e le cellule tumorali no. Questa particolarità permette al chirurgo, una volta azionata la modalità di visione ad infrarossi (ENV), di “vedere” esattamente i confini tra le cellule tumorali e le cellule del fegato sane.
Un discorso a parte merita la presenza di numerose metastasi del fegato che interessano entrambi i lobi (destro e sinistro) del fegato o, se vogliamo usare un linguaggio più tecnico, più segmenti epatici. Molte volte queste metastasi vengono giudicate inoperabili. Attenzione però! Purtroppo la “resecabilità” di metastasi (la possibilità cioè di resecarle tutte), quando queste sono numerose e si localizzano su tutti i segmenti del fegato, è un giudizio spesso (!) basato sulle capacità e sull’esperienza del chirurgo e non su fattori veramente oggettivi.
Nuove tecniche in chirurgia: la tecnica ALPPS
Esistono attualmente diverse tecniche che consentono di resecare le metastasi anche quando sono numerose e occupano porzioni estese di fegato. In altre parole, nei casi più complessi, dove le metastasi sono molteplici e dove spesso, alcuni chirurghi preferiscono abbandonare il caso perché troppo complesso, si può sempre agire chirurgicamente e rimuovere tutte le metastasi con tecniche innovative e altamente specialistiche. Si tratta della epatectomia in due tempi con chiusura di un ramo portale e della tecnica ALPPS, acronimo inglese da Associating Liver Partition and Portal vein ligation for Staged hepatectomy.
Queste tecniche si basano su un principio molto semplice della chirurgia epatica. Provo a riassumerlo schematicamente qui di seguito.
Il fegato è un organo vitale e quando se ne asporta una porzione, bisogna essere sicuri che la parte di fegato che rimane sia in grado di mantenere in vita il paziente nell’immediato periodo post operatorio, (di solito si cerca di lasciare circa il 40% del fegato). Ecco quindi che estese resezioni epatiche non sarebbero possibili perché il paziente non sopravvive ad un intervento che asporti tutte le metastasi in tutti i segmenti. Esistono però due tecniche in grado di ovviare a questo problema.
Il fegato è diviso in due grossi lobi, destro e sinistro. Entrambe queste porzioni sono irrorate da un’arteria e da una vena (la vena porta) destra e sinistra rispettivamente. Quando si chiude (chirurgicamente o radiologicamente) un ramo della vena porta, il lobo epatico controlaterale, dopo alcuni giorni, si ipertrofizza (aumenta di volume). Questo aumento di volume consentirà al chirurgo di resecare estese porzioni di parenchima epatico contenente metastasi perché il lobo controlaterale è aumentato di volume ed è quindi in grado di mantenere in vita il paziente dopo un’ampia resezione. Nella tecnica di epatectomia in due tempi con chiusura della vena porta di solito dopo circa 30-40 giorni il fegato controlaterale ha raggiunto dimensioni sufficienti
Ecco un esempio pratico: se le metastasi sono presenti sia nel fegato di destra che nel fegato di sinistra, il chirurgo con un primo intervento esegue la bonifica di una parte (esempio a sinistra) e chiude la vena porta del fegato di destra. Con il secondo intervento, rimuove la porzione del fegato di destra sapendo che il fegato di sinistra ha raggiunto volumi tali da garantire la sopravvivenza del paziente nel periodo post operatorio.
Nella foto la TAC di un paziente con metastasi epatiche in entrambi i lobi epatici.
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