Chirurgia guidata dalla fluorescenza

È la nuova frontiera della chirurgia. Questa metodica si applica a tutte le discipline chirurgiche ma trova la sua migliore applicazione nella chirurgia dei tumori e nella chirurgia laparoscopica o robotica.

Presso la Casa di Cura Quisisana di Roma e l’ospedale Responsible Research Hospital di Campobasso, questa nuova metodica è applicata quotidianamente. Vediamo in cosa consiste e come funziona.

Nella chirurgia tradizionale, (quella che prevede grossi tagli sulla superficie corporea, per intenderci) tra il chirurgo e il paziente non vi è nessuna interfaccia. Gli occhi del chirurgo (esperti certo!) osservano direttamente i tessuti e gli organi del paziente. Nella chirurgia guidata dalla fluorescenza tra il chirurgo e il paziente vi è un’interfaccia digitale che permette visioni superiori, più accurate e dettagliate o addirittura impercettibili a quelle dell’occhio umano.

Come funziona la Chirurgia guidata dalla fluorescenza

Nella chirurgia guidata dalla fluorescenza, il chirurgo ha una possibilità in più. Questa nuova tecnologia che possiamo definire una vera e propria “cutting edge tecnology” sfrutta la capacità delle nuove telecamere laparoscopiche di visualizzare alcune radiazioni dello spettro della luce, altrimenti invisibili all’occhio umano. Il sistema si basa sostanzialmente sulla visione a infrarossi, denominata E.N.V. (Endoscopic Near Infrared Visualization), ovvero visione endoscopica vicino all’infrarosso che sfrutta la capacità della telecamera di visualizzare sostanze fluorescenti con la visione vicina all’infrarosso.

La luce vicina all’infrarossa è invisibile all’occhio umano e quando una telecamera attiva la visione vicino all’infrarosso, tutti i tessuti e gli organi appaiono neri (invisibili), ma le sostanze fluorescenti invece sono immediatamente catturate dalla telecamera e dall’occhio del chirurgo. Quindi, se durante un intervento, il chirurgo aziona la modalità ENV, visualizza solo le sostanze fluorescenti presenti in alcuni organi o se vuole, può vedere contemporaneamente le immagini anatomiche con il loro normale colore e, in sovrapposizione, le immagini fluorescenti.

Come sostanza fluorescente si usa il verde di indocianina, una sostanza innocua, già utilizzata in oculistica per valutare la vascolarizzazione della retina. Il verde di indocianina, una volta nel sangue si lega alle proteine presenti nel sangue (albumina) e si distribuisce a tutto l’organismo attraverso la circolazione sanguigna. Utilizzando solo la luce ad infrarossi vediamo solo il colorante e quindi i vasi sanguigni risulteranno ben evidenti, anche quelli impercettibili all’occhio del chirurgo. Così facendo il chirurgo sa dove si trovano i vasi sanguigni molto piccoli e se un tessuto appena resecato è vascolarizzato, in altre parole se riceve sangue (ossigeno) e quindi se è un tessuto vitale. Pensiamo ad esempio a un tratto di intestino al termine di una resezione del colon o del retto. Somministrando verde di indocianina ed azionando la visione ad infrarossi si può avere una stima di quanto l’organo rimanente sia ben vascolarizzato e quindi quanto quell’organo riuscirà a guarire senza complicanze, proprio perché bene irrorato dal sangue. Questa tecnologia è attualmente utilizzata nelle resezioni del colon o dell’intestino per tumore e si è dimostrata in grado di ridurre la temibile complicanza della deiscenza (fistola) anastomotica.

Il verde di indocianina dopo aver circolato nel sangue si raccoglie nel fegato e poi, dopo qualche ora, viene escreto nella bile. Utilizzando la luce ad infrarossi, il chirurgo visualizza perfettamente la via biliare in tutte le sue diramazioni anche nei casi di colecistite acuta o tumore che rederebbero altrimenti la visione molto difficoltosa se non compromessa. Il chirurgo è agevolato nella visione anche nei casi di notevole infiammazione ed edema che, di solito, rendono la dissezione della via biliare molto difficoltosa. Il rischio di lesione della via biliare (complicanza molto temibile in corso di colecistectomia laparoscopica per colecistiti acute per esempio) è ridotto con l’utilizzo di questa tecnologia, specie nelle colecistectomie difficili per colecistite acuta o per gangrena della colecisti. La chirurgia guidata dalla fluorescenza, inoltre, riduce di molto la necessità di convertire l’intervento da laparoscopico a laparotomico (quello con il grosso taglio sull’addome). La colecistectomia laparoscopica è un intervento che, specie nei casi di infiammazione della colecisti, può risultare difficile. Non è un caso infatti, che l’intervento di colecistectomia laparoscopica sia ancora complicato da una percentuale di lesioni della via biliare principale relativamente alta: (0.3- 0.5%). In questi casi il chirurgo, per ridurre la possibilità di errore, esegue l’intervento guidato dalla fluorescenza. Ridurre al minimo la possibilità di lesione della via biliare è importantissimo, date le conseguenze gravi per il paziente di una tale complicanza.

L’utilizzo delle immagini a fluorescenza nella terapia chirurgica dei tumori

In alternativa, queste sostanze fluorescenti possono essere iniettate in prossimità di un tumore da rimuovere chirurgicamente. Dopo alcune ore la sostanza fluorescente si deposita nei linfonodi che drenano le cellule provenienti da quel tumore. In altre parole, la sostanza fluorescente “illuminerà” tutti i linfonodi che contengono linfa da quel tumore contenenti possibili cellule neoplastiche metastatiche. Questa innovazione permette al chirurgo di vedere esattamente dove sono i linfonodi potenzialmente portatori di metastasi e di eseguire una linfoadenectomia per tumore accuratissima, rimuovere in altre parole solo i linfonodi metastatici, risparmiando tessuto sano, abbreviando i tempi dell’intervento e ridurre potenziali complicanze, rendendo la chirurgia ancora più mini-invasiva, rispettosa cioè dell’integrità del paziente. Questa tecnologia viene utilizzata di routine dal dottor Roberto Verzaro in tutti gli interventi complessi per tumori del colon retto, per colecistiti acute o per tumori dello stomaco.

Siamo di fronte a innovazioni importantissime e utilissime. Verrebbe da chiedersi: ma come? Il chirurgo ha bisogno di sostanze fluorescenti per vedere gli organi? Non li riconosce da solo? Si, è vero! Il chirurgo riconosce le strutture da solo senza l’ausilio di “coloranti”. A volte però, il chirurgo si trova situazioni anatomiche complesse, alterate da malattie infiammatorie o tumorali e non riesce a distinguere facilmente un tessuto da un altro, specie al confine tra tessuto sano e tessuto tumorale. Inoltre il chirurgo non può riconoscere sostanze cellule neoplastiche di dimensioni inferiore a quelle di risoluzione dell’occhio umano. Con questa nuova tecnologia ci si avvicina molto.

È in atto, in realtà, una vera e propria rivoluzione nel modo di operare del chirurgo. In pratica il chirurgo “naviga” in corso di intervento all’interno del corpo umano, con l’ausilio di sistemi di visualizzazione fino a pochi anni fa inimmaginabili. Un paragone può aiutare a capire quanto espresso fino ad ora. Pensiamo ad un pilota di aereo. Può navigare a vista, utilizzando i suoi sensi e la sua esperienza o navigare con gli strumenti di bordo e districarsi anche in mezzo a condizioni metereologiche avverse con scarsa visibilità. Questo è quello che il chirurgo può ora ottenere con i nuovi sistemi di visualizzazione e navigazione in chirurgia.

La vera rivoluzione è questa: mentre fino a pochi anni fa, tra il chirurgo e il paziente non esistevano interfacce e il chirurgo operava solo con l’ausilio dei suoi sensi e della sua esperienza, adesso, tra il chirurgo e il paziente è presente una tecnologia digitale che si esprime con nuovi sistemi di visualizzazioni, nuove tecnologie e nuovi strumenti “di bordo”.  Le applicazioni di questa interfaccia digitale tra il chirurgo e il paziente sono illimitate e via via le applicazioni sono sempre di più, sempre più utili e volte a rendere il lavoro del chirurgo più facile, più sicuro e più efficace. Sono in studio sistemi di visualizzazione di tessuti tumorali. Tecnologie che permettono al chirurgo di eseguire esami istologici intraoperatori in tempo reale. Sono allo studio anticorpi monoclonali in grado di riconoscere solo le cellule tumorali legati al verde di indocianina o altre sostanze fluorescenti. Questi anticorpi si legano selettivamente al tumore e lo “illuminano” con la sostanza fluorescente ad essa legata.

In pratica il chirurgo riconosce con nuove telecamere e nuove interfacce digitali dove arriva il tessuto sano e dove arriva il tessuto tumorale. Sa quindi esattamente con precisione microscopica dove arrivare con il bisturi. È intuibile che tra pochi anni, la chirurgia sarà sempre più guidata da questi nuovi sistemi di visualizzazione e “imaging” intraoperatorio.

Il futuro della chirurgia è nella rivoluzione digitale, nei nuovi sistemi di immagine intraoperatoria.  Il chirurgo non può rimanere indietro ma è obbligato a fornire ai suoi pazienti il meglio che la tecnologia può offrire per garantire interventi chirurgici sempre più sicuri e più efficaci. 

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